30/04/14

Aforismi e pensieri inceneriti LXXVIII




Non si muore una volta sola. Dell''annientamento partecipa anche il più piccolo atomo del ricordo. Le morti avvizziscono. E muoiono.

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Era opinione degli antichi egizi e dei loro epigoni ebrei che il deserto fosse la dimora prediletta dal maligno. Spazio allucinatorio, d'un laconismo febbrile, soffocante nel celebrare la nudità dell'essere, esso rivelava al contempo la presenza grave del divino (i due princìpi risultando così compenetrati che là dove uno rivendica il suo dominio l'altro non può fare a meno di installarvisi). In quei giorni lontani, lebbrosi, stiliti, ciarlatani d'ogni sorta percorrevano vastità desolate dai contorni sfumati, in lungo e in largo. Oggi che il maligno ha eletto la città come dimensione privilegiata del suo incantesimo c'è da chiedersi dove si celi la divinità, se giaccia imprigionata in un albero ingiallito, occultata in un giardino inaspettato o murata nell'entusiasmo torvo delle scimmie metropolitane che la attraversano.

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I libri imperituri sono opera di coloro che hanno saputo coltivare un'ossessione. In Dostoevskij, Proust, Kafka, ciò che non invecchia non è tanto il materiale infinito delle loro argomentazioni quanto la compulsione che sfiora la mania, nel ricondurlo ad un unico centro. Più si spazia tra i motivi, più vasto è il prisma che rifrange il pensiero e minori saranno l'incidenza diagnostica ed il potere veggente. Dio, Tempo, Legge. Le più grandi infermità richiedono malati d'eccezione.

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Portava un'aureola radioattiva.
Gli era esplosa l'anima in faccia.




11 commenti:

  1. C'è ancora qualcuno all'altezza delle proprie ossessioni? Il deserto di oggi si chiama marketing. Demoni schifosi vi scorrazzano.

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    1. Mi piace pensarli come demoni declassati.

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  2. Era Deleuze, fra gli altri, a scrivere che la grande letteratura è attraversata sempre da flussi psicotici. Su come questi divengano arte, invece di declinarsi in delirio, rimane un mistero. Rimane anche il sospetto che fra arte e delirio i confini non siano poi così netti.

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    1. Anche Jaspers ha scritto cose interessanti ma non necessariamente condivisibili sul tema.
      Il libro si occupa di Strindberg e Van Gogh ed ha l'aberrante titolo di " Genio e follia ".

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    2. Ab-errante. Genio per gli antichi era lo spirito di un luogo, una casa, una città. De "I greci e l'irrazionale", letto secoli fa, ricordo templi in cui si incubavano sogni e l'interpretazione divina di fenomeni irrazionali. Di tutto questo rimangono ossessi isterici adorati da masse di telespettatori, deliri tecnoindotti, Dionisi pubblicitari feroci, orgie virtuali, baccanti eroinomani, simulazioni di trance collettiva, sette neo-escatologiche, mantra di demenza, apparizioni tecnotroniche, rivelazioni binarie, angeli aziendali, morti ipnotiche, marketing deleuziano, marketing neo-gnostico, marketing apocalittico, deserti urbani abitati da forze meccaniche sovrumane in lotta tra loro. E una zingara che ride sonorità incomprensibili.

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    3. " Io sono legione. "

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  3. non si muore una volta sola.

    (come non pensare alle iniziazioni massoniche;-)

    tra i libri imperituri aggiungiamo La peste di Camus?

    o al bellissimo ultimo film di Clint Eastwod ....

    l'ultimo è una sofferenza leggerlo.

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    1. Ciao Carla, ricordo un periodo della mia vita dove non potevo aprire un libro di K senza un moto di autentica paura. Sai che non ho mai letto " La peste " ?
      Dovrò fare ammenda.

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  4. anche io, per via della punteggiatura mancante, anche

    la peste devo leggerlo anche io, è tra le mie prossime letture!

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  5. Sono in piena e il fiume Proust non smette di scorrere in questo periodo. Probabilmente le compulsioni sono l'oggetto (sempre inconscio?) in cui ci si può riconoscere anche a distanza di secoli. La compulsione potrebbe essere una qualità che rende contemporanei certi scrittori?

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  6. La ciclicità del Tutto è compulsione benché si inviti a vedervi una piana e seducente armonia necessaria. In quanto a Proust, sono stato un suo lettore compulsivo per diversi anni, ed a fatica sono riuscito a guarirne.
    Resta, beninteso, un morbo affascinante.

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