11/11/14

Aforismi e pensieri inceneriti LXXXVIII




In ogni asceta riposa un despota che non ce l'ha fatta.

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Sui vagoni della metropolitana campeggia la scritta Siemens. Una differente distribuzione delle lettere recita, grecamente, Nèmesis. Non è necessario un delirio paranoide o complottistico nel vedervi uno scherzo delle Moire. Ogni cosa è simbolo nelle tebaidi metropolitane. Anche la condanna, il cui volto deterso ed ecologico è espressione ambivalente di un'unica maschera, al sottosuolo. E non è affatto facile, resistere alla tentazione di percorrere l'inferno celermente.

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L'albero della conoscenza del bene e del male sovrintende, una volta coltone il frutto, il discrimine che investe ora l'Uomo dal suo antecedente edenico; il dolore e la morte. Conoscenza significa coscienza e capacità di produzione creatrice ma, in primo luogo, alienazione dall'unitarietà. L'Uomo inizia a gareggiare con il Creatore e, per ricondurre le scintille disperse al pneuma divino, per ricomporre ciò che ha infranto (se si vuole alleviare la radice della colpa, il doloso gesto che prima d'ogni cosa è offerto da Dio) si serve dell'Arte come strumento del Ritorno. L'Arte, intesa come desiderio di conoscenza, diviene causa della Caduta, preannuncio della Storia e principio edificante della civiltà. Essa è, al contempo, mezzo di redenzione dal costituirsi dell'Uomo come ' fallimento nel divenire '. Veleno che diventa salvifico? Malattia che guarisce? Forse solo un'arte completamente inferma, in un senso lontanissimo dal moderno, può guarire. Sbaglia infatti chi definisce l'arte odierna malata. Essa è invero innocua e sana, come un robusto imbecille.

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L'odierno accanimento terapeutico per mezzo d'una scienza oltremodo necrofila prefigura, chissà, l'avvento del coma assoluto. Il trionfo della vita eterna. Come morte inesauribile.