12/11/15

Aforismi e pensieri inceneriti CII





La " noia è la radice del male " scrive Kierkegaard in Enten-Eller. Un essere che si annoiasse mentre dorme. Ecco una prefigurazione della dannazione eterna.

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La montagna non arricchisce. Il raffronto, lungi dall'operare un troppo decantato accrescimento, come è previsto ed intimato dalla profilassi dei rapporti umani, ci impoverisce. Si apprende a decrescere, ad assottigliarsi. A sparire nel profilo violaceo di una pietra, a farsi riassorbire nelle fenditure di uno dei suoi cieli inesausti. Corre la mente ad un verso di Rilke che recita " Anche nel vento nuovo che si leva respiriamo addio ". Ecco, il vento che là vi soffia palesa questa evidenza rimossa, come non mai. E si fa lampo apodittico del nostro diluito congedo dal mondo. Balenio liberatore che, in luogo di angosciare, pervade l'essere con tutta la potenza della sua levità.

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Mozart e Hölderlin. Separati nell'età da poco più di un decennio, estremi nella curvatura d'un medesimo arco, dal quale scocca il dardo di un'arte ultraterrena, irripetibile. La stessa aerea leggerezza, che nella musica del primo trascolora in noncuranza divina, allusione ad una giovinezza assoluta dell'eternità, vibra nelle liriche del secondo, si fa chiarità gioiosa, stempera la negligenza di un dio che ride in supreme lontananze. Gli dei del poeta si volgono all'uomo, perpetuamente diurni, anche dalle oscure vastità del cielo. Come Mozart con il Requiem, l'ombra - che è frescura - giunge alla fine, nelle liriche della 'follia'. Il riposo dall'eterno, quello che segue chi seppe accompagnarne il gioco. Prima di dissolversi in esso.

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La tinta della disperazione accende il fondale di ogni abisso umano. Anche uno stupido diventa interessante quando non ha più nulla da perdere.


25/09/15

Aforismi e pensieri inceneriti CI




ZENSUCHT.
Lo zen rifugge la ricerca dell'immortalità come tensione rovinosa, tesa ad occultare l'incessante dispiegarsi dell'essere. Ciò che dispone al satori è un' apologia dell'attuale, una vibrante nostalgia del presente.

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Il termine plancton, ha significato di vagabondo. Se si pensa ad una rappresentazione suprema dell'abbandono, ad una celebrazione frugale dell'incoscienza preformale, nulla meglio di questo esercito di microrganismi viene in aiuto a chi vi rifletta. La libertà indifferente che segna il suo deporsi tra i denti di un cetaceo, fa da contraltare al terrore con il quale il feto ormai plasmato, superato lo status beato di plancton placentare, si getta tra le zanne dell'essere. Ennesimo esempio che vede lo stadio più incompiuto della vita come quello più riuscito, trionfo disinvolto dell'essenzialità.

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Per gli gnostici il demiurgo produsse il cielo senza conoscere il Cielo, l'uomo senza conoscere l'Uomo e la terra senza conoscere la Terra. In luogo dell'ente un demente primordiale. In ogni gesto, atto e pensiero, privi di attenzione e cura, brillano gli spasmi della Creazione.

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Sia nelle rappresentazioni occidentali che in quelle dell'estremo oriente, l'anacoreta e l'illuminato vengono sottoposti ad una gravosa serie di prove, sotto forma di tentazioni e lusinghe. La congerie allucinatoria e delirante si rapprende attorno a quello che è il centro terso ed irremovibile del mondo, segno attrattivo deputato a rivelarne l'illusorietà. Come un magnete, il santo o risvegliato, richiama a sé l'abbaglio fenomenico ignorato dal consesso umano. La condizione che palesa questo assorbimento è il naturale ritirarsi del puro, la beata solitudo che schiude la sutura tra i mondi. L'isolamento è la madre di tutti i deliri che salvano dalla suprema allucinazione del mondo.



28/07/15

Aforismi e pensieri inceneriti C



Se penso a quale " personaggio " della mia stessa esistenza io sia più affezionato non ho dubbi; il decenne che leggeva Jack London sotto il tavolo di sua nonna, trasformato per l'occasione in una goletta o in un'artica slitta lanciata tra i ghiacci. Non ho mai ritrovato lo stesso potere di adesione a un testo scritto, la capacità illusionistica di dissolvermi tra quei caratteri in grassetto come se fossi la materia stessa della narrazione. E comprendo che la vera, profonda nostalgia, vibrava già allora, evocata da una letteratura ingenua la quale tuttavia alludeva alla pienezza di un'esistenza totale, come provò ad essere quella di London. Una nostalgia metamorfica, degli spazi, fisica e bruciante. Di sicuro, quel potere attrattivo non me l'ha restituito più nessun romanziere, e non certo per sua colpa. Stavo semplicemente allontanandomi da me. Stavo, quindi, diventando qualcosa. Ci si distacca da tutto, processo di separazione che investe anche ciò che è fuori dal giardino incantato della creazione letteraria, fiaba o racconto d'avventure. E, quando si avanza tra i suoi sentieri e le sue biforcazioni, si finisce per appassionarsi alle idee, ulteriore scarto della e dalla vita. Spesso più irreali di un carattere inventato, esse sono un prestito, una condivisione mutevole e aleatoria, la quale non fa che sancire l'interruzione tra noi e il mondo. Ed anche quelle che insegnano ad esperire le fondamenta di quest'ultimo, e a tornarvi, non sono che una deviazione ingannevole e tardiva, inadatta a ricondurci realmente nel nucleo dove vibra la scaturigine di una totale immedesimazione con esso. A un certo punto nulla finisce per marcarne la distanza come un libro.

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Si è realmente felici solo a un passo dalla noia, meri riverberi organici, nella contemplazione atona del reale. In quella misura, riposa la sezione aurea di una gioia identitaria con il mondo. Un impercettibile ondeggiamento della volontà, un minimo scarto nell'universo del pensiero e, possiamo esserne certi, pagheremo a caro prezzo l'ansia di innovarci. Fuori dall'istante contemplativo persino il respiro ha qualcosa di faustiano.

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Bestie da rimpianto. Se ci dessero l'Eterno avremmo nostalgia del Tempo. E chissà che la Caduta, le infinite cadute ed ascese, non partecipino, in verità, di un ricordo pregresso, di un'aperta ed ammaliante corolla di rimpianti, sortilegio sempre rinnovato, che nega lo stato precedente. Perché niente cade e niente risale. Così, stiamo e siamo, nel mezzo di questa oscillazione, attratti da un identico bagliore, sogno di un'eternità mutila o di un tempo imperfetto, le ali schiacciate nel vortice, imprigionati tra i due estremi di un Eden il quale non è altro che la mancanza, condizione suprema della nostra sussistenza.

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Devadatta, cugino del Buddha Sakyamuni, provocò uno scisma in seno alla comunità dei monaci, accusando l'Illuminato di troppa mollezza. Il rigorismo estremo della sua corrente atteneva a numerose norme che irregimentavano la vita monacale, contraddistinta sino ad allora da una tolleranza indisponente. Tuttavia, come ogni reazionario, egli non poteva non soccombere ad una forma di insegnamento che, per sua natura, prevedeva una fitta rete di interpretazioni e concessioni (si veda l'ambiguità che investe molti buddhisti in merito al vegetarianismo, già all'epoca combattuta da Devadatta). Ogni scuola che voglia conservarsi fonda la propria potenza su una mobile ermeneutica della propria scienza. Guai a chi osi fissare con troppa dovizia un sistema. L'anelito alla stabilità è la morte di ogni dottrina.


09/07/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCIX




Da qualche parte ho letto che in virtù dell'assorbimento totale nel Brahman, Adi Shankara, all'età di trentadue anni " si ritira in modo definitivo dalla Manifestazione ". Frase seducente. Quale altro congedo dalle scene può eccedere la gloriosa sobrietà di questo atto inafferrabile? Scopertosi esaustivamente Dio, si è ritirato in sé.

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C'è un frammento d'una poesia di Hölderlin in cui il poeta allude alla fragilità dell'astronomo, all'illusione che muove questi nel nominare i corpi celesti, tentativo effimero di possedere ciò a cui ci è impedito aderire. A Dio ripugna ciò che crudelmente mutila ed inaridisce la vastità infinita del cielo. La parola che riduce è qui preludio ad un disseccamento, più profondo, veleno inoculato nella linfa delle cose, maglia infrangibile che ne impedisce la pulsazione. Destino infausto, quello del poeta che ha compreso. Dissipare, per il tramite dello stesso linguaggio, l'aureo midollo che informa il proprio spirito, mirando a restituire l'uomo e le cose all'integrità del logos, abbagliante silenzio dell'unità perduta.

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A ben vedere il profeta moderno, novello Ezechiele, teme l'inverarsi delle sue previsioni funeste. Perché se queste ne certificano la lungimiranza, per contro lo declassano dal rango di reietto inascoltato, di cui ama inebriarsi, a schiavo di un'evidenza divenuta ormai comune. Il suo è un narcisismo costruito sull'incertezza al punto che questo sovrano dell'eventuale, qualora sia nel giusto, fallisce trionfando.

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Verrà il giorno in cui la scimmia che siamo smetterà di imprecare al cielo. Ed è allora che creperà di nostalgia.


29/06/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCVIII




Maitreya, il Buddha del futuro, è rappresentato su una sedia. Un Buddha adagiato al suolo o addirittura eretto sarebbe stato fuori luogo. Nulla di meglio di un illuminato esausto, per raffigurare il nostro inesorabile incurvamento.

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Il primo ad usare il concetto di " alienazione " (apallatrioo) fu San Paolo. Per il Nostro la condizione di alienato si concretizza con lo smarrirsi dell'uomo nello psicologico, nello spazio delimitato contenutisticamente dai fini, da ogni oggetto consumato dialetticamente, in un'interrogazione incessante, senza pervenire a coglierne l'essenza. Al contrario, in una condizione di pieno equilibrio cessano le parole, si è nella Parola che le contiene tutte, nel silenzio che ne è matrice e fine. Lo stesso vale per ogni concetto - giustizia, verità - dissolto perché si pensa come quella cosa stessa. Capovolgendo completamente il discorso paolino otteniamo, per contro, la definizione moderna dell'alienazione. Assistiamo in questo modo al delinearsi di vere e proprie enclave di alienati intenti a giudicare i pochi individui psichicamente integri, colpevoli di perseguire l'estinzione di ogni alterità.

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La primogenitura del suono, tale è la parola divina, fonda ogni liturgia cosmogonica. Il linguaggio sonoro di Bach non si limita a rielaborarla ma ci restituisce il medesimo processo generativo, a ritroso. E' l'inspirare celeste che segue il soffio della creazione.

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Per alcuni individui, mistici difettosi, la solitudine risiede nel terrore di disconoscersi, a scapito del rumore di fondo del creato. Un bel giorno, quest'ultimo, finisce per guadagnare terreno su di loro. Cessando di affidarsi a se stessi, ad altro o ad altri, sono condannati a sfiorare l'abbandono ad una totalità che sentono insostenibile, così come la loro stessa individualità. Dopotutto, realmente solo, è chi si scopre uno sconosciuto senza sapere, fino in fondo, di essere il mondo.


15/05/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCVII




Ciò che ammalia del culto ortodosso è il cerimoniale che evoca l'intera gamma della percezione, il suo accogliere la molteplicità di ogni increspatura sensoriale per smorzarla nel golfo indivisibile del sacro. Un Dio esperibile attraverso i sensi si contrappone all'idea di un trascendente alienato in una dimensione impervia, remota. Che siano le labbra premute sull'icona, la cadenza del canto a fasciare il tempio e la sua comunità d'un alone sfolgorante, o ancora, il morbido aroma dell'incenso, ciascuna di queste attività è mobilitata a partecipare alla liturgia come porzione necessaria a reintegrare una totalità altrimenti mutila. Si direbbe che permanga una forma di ritualità la quale, in seno allo sfacelo del cristianesimo, ha saputo conservare, pur adattandole alla rivelazione del Cristo, le vestigia di una venerazione conforme ad un sentire pagano. Libera dalla fragilità del cattolicesimo, dalla sua vocazione dissolvente e separativa.

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Budda, Cristo, Maometto. Gran parte della produzione ed esegesi letteraria si regge su tre maestose figure di analfabeti. La Parola, infatti, è sempre stata appannaggio di coloro i quali, portatori di un'ignoranza visionaria, non potevano che definirsi attraverso un'intima mediazione del Verbo. Restavano quindi all'oscuro di ciò che ne rappresentava la somma contraffazione e negazione. Le molteplici, infrangibili dighe della civiltà e della cultura, le deviazioni e gli arresti che esse imposero al piano fluire del logos, generarono quelle cataratte del linguaggio, così opache e distanti dalla sorgente primigenia dove sgorgava il messaggio incontaminato. C'è da credere, in questo senso, che nessun profeta, annuncio o rivelazione si vadano delineando all'orizzonte.

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Le donne sottoposte a chirurgia estetica finiscono per esibire un volto che si fa segno riducibile ad un unicum universale. Una maschera polivalente che trattiene e riassorbe l'individualità del soggetto diluendola, sino a spegnerla in una geografia di linee e protuberanze identiche per ciascun esemplare umano. Qualcosa di minaccioso sembra essere preposto a governare in effigie i corpi delle vittime, legione marchiata da un'unità infera.

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Per alcuni, le tensioni speculative a cui è sottesa una reale tempra metafisica, non sono che il frutto di un serio cedimento fisiologico. A crollo compiuto si prende ad interrogare ogni risvolto che sopravanzi la mera esistenza consuetudinaria e ci si affaccia su ben altri baratri. In questi casi il corpo dirige la riflessione a suo piacimento, liberando l'io dalle confortevoli regioni di una cattività biologica salubre. Dopodiché, questo sentore d'ultraterreno scompare con lo sciogliersi del calcolo o l'estinguersi della polmonite. Anche un mediocre individuo, in virtù di questa sollecitazione operata dal decadimento organico, inizia ad avvicinarsi a territori sino ad allora inesplorati e può addirittura essere colto da inesprimibili e geniali intuizioni sino ad assomigliare in tutto e per tutto al Creatore, il malato supremo.


08/05/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCVI



La continenza di certe composizioni astratte rivela, per mezzo di un atto spirituale ricondotto alla più pura necessità, la dismisura a cui, per contro, ci dispone l'eccesso di impulsi che presiede le nostre esistenze. Tutto ciò che trascende il tratto, il frammento, il cenno o l'allusione, finisce per occludere il respiro. Cianosi del reale. Io stesso avverto l'eccedenza del mio divorarmi; moriamo per superfetazione di segni.

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Nel mondo greco è dissimulata una consonanza tra umano e celeste stupefacente. La tensione durevole e incontaminata tra i due cardini dell'ordinamento cosmico riflette ogni processo dialettico del creato. Nei miti e nelle narrazioni l'uomo e il dio s'incalzano vicendevolmente, giostra che riluce e non conosce compimento, aureo vortice legiferante il tutto. Ovidio testimonia pienamente questa sciarada improntata alla mutevolezza, dolce e furiosa nella sua tessitura incessante. Somma nostalgia divina, capovolta. Perché se noi bramiamo l'eterno essi anelano al finito. Ciò che smorza il proprio trionfo nella penombra del transitorio si configura come un inno, un linguaggio che vivifica e struttura ogni dimensione di riscatto inverando il sogno, il contrapposto slancio rivolto alla deità riposta in ogni miseria umana.

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L'avanguardia salva i germi dalla distruzione. L'avanguardia è slava, sempre. Anteprima di mongolie barbariche, predispone la steppa all'avanzamento. I grandi, seppur inutili, rivolgimenti storici hanno come antefatto la sua marcescente azione propulsiva. L'epoca senza vere avanguardie è una tregua immensa, un armistizio dello spirito che si riflette sugli avvenimenti. Un cadavre exquis precede sempre i cadaveri reali.

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Il martirio esibito, deliberato, qualsivoglia sia la giustificazione ex alto da cui trae origine, partecipa della suadente e inarrestabile forza di una mera declinazione eretta a sistema, sia questa di natura celeste o terrena e soggiacente a una proiezione ondivaga nel tempo. Il vero martire è colui che espia la follia altrui, rinchiuso a forza nel cerchio ctonio di un incubo che lo sovrasta, che gli è sconosciuto ed incomprensibile in quanto disgiunto dalla sua natura non contaminata dall'ideale, dal passato e dal futuro.



22/03/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCV




Il mistero della lavorazione del vetro, da parte dei vetrai d'epoca gotica, non è stato sviscerato in tutta la sua pienezza. Che siano il blu oltremare, di un altrove che valica ogni espressione equorea dell'essere, il divampare cremisi del mantello di un santo o il verde squillante di qualche sparuta arborescenza, ciascun colore più che distillarsi attraverso la luce che ne attraversa il vetro, erompe in sé stesso, trasfigurando ogni porzione in pietra preziosa. Quando il sole imprime i suoi sigilli dorati non è il colore a proiettarsi nello scrigno ieratico dell'abside ma l'albore indistruttibile ed indifferenziato della pura luce. E in alcune cattedrali gotiche, quelle cui è stato impedito l'oltraggio di una sostituzione delle vetrate originali, l'ordito luminoso effonde le sue trame anche nelle ore notturne. E' qui che germoglia il simbolo eminente di questo idioma velato; ininterrotta diurnità divina, non alterata dalla successione, primizia dell'irruzione dell'Ora ultima ed originaria.

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Non pensate. Non date confidenza agli estranei.

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Talvolta, uscire di casa dopo un'insonnia annichilente, dilata allo spasmo ogni sensazione organica sino al momento in cui questa non va ad esplodere nei sotterranei del cervello. Un rumore, di per sé già sgradevole, si tramuta nel diapason assoluto dell'insostenibilità. La visione di una faccia, che saremmo stati in grado di sostenere rinvigoriti da un buon sonno, assurge a totem dell'umana mostruosità. A mala pena la nostra resta appiccicata al cranio per miracolo, e cosa non daremmo per ridurla a segno adespota! Insomma, la privazione del sonno ha il potere di mostrarci la realtà senza infingimenti, per quello che è, una volta tolti i sigilli del riposo: un incubo palpitante.        

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Non si è mai così vicini al diavolo quando si è soltanto a un passo da Dio.


27/02/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCIV




Spesso il pazzo intelligente e creativo crede di dissimulare l'espansione della propria follia rigogliosa con atti e gesti in cui è adombrata una versione appassita della suddetta, in maniera che essa risulti del tutto ammissibile per i suoi interlocutori, quando questi non siano la società intera. Questa strategia lo rassicura rispetto a una scelta che privilegi una simulazione di normalità, da lui reputata troppo ostentata, di un'evidenza pericolosa. E' la stessa legge che regola l'agire del bugiardo patologico. E che porta entrambi a perdersi, per incontinenza funambolica.

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Il volto di Keaton è l'epitome della rassegnazione, adeguamento plastico alla catastrofe. Il suo modellarsi in una staticità inviolabile non è che la rappresentazione traslata di una catastrofe imparziale e priva di determinazioni. Del cataclisma generalizzato che è la vita.

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Quando vivo in mezzo a una dimensione massificata vengo subito colto dal desiderio di riposare in una confortevole nicchia che mi preservi dalla volgarità che mi circonda. Tuttavia, una volta gettato in una qualsivoglia cavità dorata dell'alveare umano, il disgusto per quel comico brusio regale, e il conseguente anelito ad essere risucchiato nel grande oceano dell'uniformità, si fanno imperiosi. Non resta che il deserto. Ma dove trovare la forza?
            
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Per giungere ad essere tutto, non volere essere niente. Abbiamo solo da imparare da un San Giovanni della Croce. Frantumare l'identità a livello subatomico. Desistere per esistere. Personalmente nutro una profonda stima per coloro che, nella vita, aspirano a derealizzarsi. " È un signor nessuno ". Quale migliore elogio!


05/02/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCIII




Nutro simpatia per tutti i transfughi della propria vocazione, che non hanno niente da insegnare. In particolar modo per quei disertori celesti che al primo brivido estatico se la sono data a gambe. Esseri frammentari, mutili d'assoluto, tarme annidate sull'incorruttibile porta del paradiso. Deve trattarsi di solidarietà tra vinti.

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Nel libro "Unità Trascendente delle Religioni" Frithjof Schuon parla delle bestie, piante ed animali come creature periferiche. La forma di queste creature rivela tutto ciò che essa conosce, identificandosi in ultimo con questa conoscenza. La forma d'un determinato essere indica il suo stato o sogno contemplativo. Rimane fuori l'uomo, l'informe per eccellenza, il senza norma, sprovvisto della capacità di aderire alla propria evidenza, in balia della mutevolezza delle proprie idee, pulsioni, dogmi e pensieri. L'uomo, l'eterno disgiunto, il dissociato perenne.

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Dalle pitture rupestri affiora un mondo in cui la continuità metamorfica non è spezzata dalla cristallizzazione in classi propria dell'ordine naturale. Perché non esiste ordinamento tipologico nella dialettica costante tra le "parti". Uomo, animale, pianta e minerale convergono in un unicum che dà forma al tempo mitico della non storia, epurato da ogni dislocazione cronologica, inattingibile in un senso più profondo. Il tempo che produce e quindi separa, il nostro, è l'abisso edificato sul genoma del mondo, e nessuna archeologia e genetica che non siano spirituali sono in grado di ricomporre la mappa che disegna l'anima mundi.

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L'uomo è costituzionalmente incapace di sostenere una quantità illimitata di memoria. I più deboli sono proprio coloro in cui la facoltà di ricordare, e quindi di rimpiangere, è oltremodo dilatata. Un indigeno sottoposto ad un naturale ritmo ciclico disponeva d'una quantità infima di ricordi, di cui poteva disfarsi per mezzo d'una salubre cadenza rituale. L'esistenza odierna, cerimoniale del nulla protratto all'infinito, non fa che rivendicare un sovrappiù d'esperienze, le quali muteranno in un'infinità di reminiscenze svigorite, prese una ad una, ma foriere di minare l'equilibrio mentale se considerate nell'insieme. In questo mondo un uomo affetto da immortalità non conoscerebbe altra fine che una follia inesauribile. Finirebbe per essere sepolto vivo dall'immenso edificio dei propri ricordi.


21/01/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCII


Il delirio ipercinetico con il quale la papamobile fendeva la moltitudine, qualche giorno fa, a Manila. Il Papa avanzava ad una velocità sconcertante, al punto che della fiumana di gente, scomparsi i segmenti distinti, non restava che un timballo di teste, busti e braccia protese, abbattute con celerità dalla scia di quell'aerolite ultraterrena. Sfrecciava il Papa, e sembrava alludere ad una divinità convulsa la cui solitudine aumenti con la velocità impressa all'apparizione.
Poiché la folla si accontentava di rubarne un istante, una diapositiva fragile e remota. Sfrecciava, il Papa, rapido e lucente come un Dio invisibile.

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Trovare la propria strada è il conforto di essere spacciati.

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L'ecumenismo transreligioso nasconde, sotto una crosta mite, finanche ingenua, il ribollire di una spinta livellatrice propria dell'orizzonte post-moderno. Il dialogo tra le fedi è sfruttato muovendo sull'erosione multilaterale dei fondamenti tradizionali di ciascuna confessione. Più esse si " modernizzano " più entrano in un processo di agonia che riproduce la laconica mondializzazione operata dal laicismo. Ed è qui che si rivela la resistenza, chissà quanto consapevole, della componente più bellicosa: l'Islam. La religione più giovane (depositaria quindi dell'ultima manifestazione divina, summa perfetta che avvilisce le precedenti) è quella che oppone il diniego più accentuato e che si configura come anacronismo assoluto, edificando sull'ideale teocratico il fondamento rivoluzionario. Il paradosso apparente è che ciò avviene con l'utilizzo dei medesimi strumenti del nemico e seguendo la stessa logica universalistica. Sharia planetaria come reazione all'ordine mondiale della Téchne, sfruttando, senza alcun ritegno, le possibilità offerte da quest'ultima. Ripristino di un'unità, nel nome non di una presunta uguaglianza regolamentata dall'espressione democratica, ma di una gerarchia strutturata da una religione rivelata. Restaurazione parodistica dell'Uno, frutto ambivalente della stessa ossessione unitaria.

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Mattinata all'ospedale con il disabile. Durante l'elettroencefalogramma rideva, scettico al riguardo di un diagramma che, pretenzioso, aspirasse a spiegare il segreto della sua perfezione.


09/01/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCI


- Frammento sull'attentato a Charlie Hebdo -
Il video dell'agente freddato, riproposto più volte, le telecamere a circoscrivere la sua fine in un segmento riproducibile all'infinito, sono l'ennesima riprova che, oggi, la Morte è inscindibile dall'Informazione. Il conflitto è assolutizzato e reso permanente dall'infinito replay di quel colpo di pistola e da ogni processo che immortali la violenza, non esaurendola nel dato. La guerra osservata è la nuova frontiera di un'eternità capovolta. Lo sbirro francese non cesserà mai di morire. Ogni fanatico, qualsivoglia sia il campo d'azione da cui muovono le sue gesta, avverte - forse senza saperlo in profondità - che il Culto supremo, l'offerta sacrificale, non è esibita sugli altari di un Dio, ma che l'immolazione arde, alimentata dall'iride di chi guarda. Potrebbe, un Dio, accettare un simile pervertimento? Forse solo un Dio costretto a nostra immagine e somiglianza. Un Dio per insicuri.

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Mi sento realmente tranquillo solo nelle pause tra un attacco di esistenza e l'altro. In quegli sconfinati intervalli di noi stessi che chiamiamo vita.

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Bestie, piante, minerali, acconsentono alla propria sostanza e convergono ciascuna al proprio insieme, non alterandosi che a livello organico o nell'ambito delle emozioni primarie. L'uomo, creatura transitoria per eccellenza, miraggio forsennato, è soggetto a svariate alchimie che ne infirmano la stabilità e gli conferiscono quell'aura sbiadita di insoddisfazione inestinguibile, quel fondo di irrealtà parcellizzato nelle sue incalcolabili identità separate. A ben vedere ogni singolo uomo non è mai riconducibile all'idea di Uomo, chimera volubile. Costituzionalmente più debole, un profondo senso di inadeguatezza e separazione lo porta ad detestare quelli che ai suoi occhi paiono degli eletti ingiustificati; alberi, balene, montagne. Ed allora si vendica, imponendo con il suo suicidio invidioso, la scomparsa al resto del creato.

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Ogni parola si fa reliquia istantanea dell'irrealtà rivelata. Non resta che perseguitare l'indicibile, braccarlo con il fiore del verbo.