26/09/14

Aforismi e pensieri inceneriti LXXXVI





La poesia più alta tornisce l'espressione, fa dell'adattamento, della flessibilità, un unico strumento di consacrazione nell'alveo dell'Essere, senza la forza coercitiva che altri idiomi utilizzano. Si discosta, a differenza di certa parola filosofica, dal paralizzare l'ente nell'inerzia della definizione. E' un linguaggio che non abolisce e non crea Dio. Lo salva e lo preserva.
Anche dalla costrizione all'esistenza.

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L'uccisione dell'orsa in Trentino, ad opera di un miserabile, è Evento che trascende ogni risibile contingenza, dal deficit della crescita alla diplomazia internazionale. Condannati ad essere spettatori del Museo della Vita, ci industriamo a salvare ciò che abbiamo perduto da tempo. Nemesi garbata, talvolta l'opera di disperata conservazione si arresta o fallisce. Mi chiedo, è veramente affrancato un animale la cui libertà è allevata, calibrata ed imposta dalle statistiche? Persino nelle fotografie, esibite nei quotidiani, pare imprigionato nella sezione rettangolare del foglio. E' prigioniero dei nostri sguardi, incatenato alla nostra compassione. Da tempo l'uomo ha dimenticato l'insegnamento sapienziale dell'animale. La sua cattività è diventata la nostra.

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Nel sufismo, tramite uno sviluppato esercizio dello spirito, sarebbe dato conoscere il suono primordiale di Dio che originò la creazione. In un evo annichilito dal rumore non è necessario essere sufi per scorgerne il lamento, sempre rinnovato.

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Avanziamo senza mai oltrepassarci.
L'avvenire è uno specchio infrangibile.




6 commenti:

  1. Ottimo menu, anche l'uovo à la Cocteau, Arthur.

    Ciao
    Michele

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    1. Condito con un po' d'emetico, sia mai che alla tavola si seggano dei buongustai.

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  2. Infatti. Dio non deve nulla a nessuno e non ha bisogno di dimostrare di esistere.

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    1. Colui che è immutabile, perfetto, non ha necessità d'alcunché. Non è nemmanco creatore, visto che un simile atto lo avrebbe lasciato tale e quale, o diminuito o aumentato. Che poi ci si continui a torturare, torturandolo, è un altro paio di maniche.

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  3. per il quarto:
    voler strafare di solito evidenzia i nostri limiti, oltrepassarli è sempre una sfida ...a volte anche stimolante e fertile
    ma la superbia resta un peccato capitale

    molto belli Arthur
    fanno riflettere sull'importanza dell'immagine, che non deve diventare mai un business

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    1. Merci Carla, il quarto non è frutto del pensiero. È, in verità, il prodotto di una claustrofobia organica. A presto ;-)

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