08/05/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCVI



La continenza di certe composizioni astratte rivela, per mezzo di un atto spirituale ricondotto alla più pura necessità, la dismisura a cui, per contro, ci dispone l'eccesso di impulsi che presiede le nostre esistenze. Tutto ciò che trascende il tratto, il frammento, il cenno o l'allusione, finisce per occludere il respiro. Cianosi del reale. Io stesso avverto l'eccedenza del mio divorarmi; moriamo per superfetazione di segni.

           ***

Nel mondo greco è dissimulata una consonanza tra umano e celeste stupefacente. La tensione durevole e incontaminata tra i due cardini dell'ordinamento cosmico riflette ogni processo dialettico del creato. Nei miti e nelle narrazioni l'uomo e il dio s'incalzano vicendevolmente, giostra che riluce e non conosce compimento, aureo vortice legiferante il tutto. Ovidio testimonia pienamente questa sciarada improntata alla mutevolezza, dolce e furiosa nella sua tessitura incessante. Somma nostalgia divina, capovolta. Perché se noi bramiamo l'eterno essi anelano al finito. Ciò che smorza il proprio trionfo nella penombra del transitorio si configura come un inno, un linguaggio che vivifica e struttura ogni dimensione di riscatto inverando il sogno, il contrapposto slancio rivolto alla deità riposta in ogni miseria umana.

           ***

L'avanguardia salva i germi dalla distruzione. L'avanguardia è slava, sempre. Anteprima di mongolie barbariche, predispone la steppa all'avanzamento. I grandi, seppur inutili, rivolgimenti storici hanno come antefatto la sua marcescente azione propulsiva. L'epoca senza vere avanguardie è una tregua immensa, un armistizio dello spirito che si riflette sugli avvenimenti. Un cadavre exquis precede sempre i cadaveri reali.

           ***

Il martirio esibito, deliberato, qualsivoglia sia la giustificazione ex alto da cui trae origine, partecipa della suadente e inarrestabile forza di una mera declinazione eretta a sistema, sia questa di natura celeste o terrena e soggiacente a una proiezione ondivaga nel tempo. Il vero martire è colui che espia la follia altrui, rinchiuso a forza nel cerchio ctonio di un incubo che lo sovrasta, che gli è sconosciuto ed incomprensibile in quanto disgiunto dalla sua natura non contaminata dall'ideale, dal passato e dal futuro.



4 commenti:

  1. Martirizzati dal nulla ...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Niente come uno spettro ha il potere di uniformare a se stesso chi gli rammenta il sogno dell'esistenza.

      Elimina
  2. "moriamo per superfetazione di segni."

    è sempre più interessante leggerti, Arthur ...
    concepire oltre non dovrebbe essere un limite.

    un saluto dal lago sfebbrato!;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bisogna avere il coraggio di riconoscere la propria illimitatezza; ben ritrovata ;-)

      Elimina