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Budda, Cristo, Maometto. Gran parte della produzione ed esegesi letteraria si regge su tre maestose figure di analfabeti. La Parola, infatti, è sempre stata appannaggio di coloro i quali, portatori di un'ignoranza visionaria, non potevano che definirsi attraverso un'intima mediazione del Verbo. Restavano quindi all'oscuro di ciò che ne rappresentava la somma contraffazione e negazione. Le molteplici, infrangibili dighe della civiltà e della cultura, le deviazioni e gli arresti che esse imposero al piano fluire del logos, generarono quelle cataratte del linguaggio, così opache e distanti dalla sorgente primigenia dove sgorgava il messaggio incontaminato. C'è da credere, in questo senso, che nessun profeta, annuncio o rivelazione si vadano delineando all'orizzonte.
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Le donne sottoposte a chirurgia estetica finiscono per esibire un volto che si fa segno riducibile ad un unicum universale. Una maschera polivalente che trattiene e riassorbe l'individualità del soggetto diluendola, sino a spegnerla in una geografia di linee e protuberanze identiche per ciascun esemplare umano. Qualcosa di minaccioso sembra essere preposto a governare in effigie i corpi delle vittime, legione marchiata da un'unità infera.
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Per alcuni, le tensioni speculative a cui è sottesa una reale tempra metafisica, non sono che il frutto di un serio cedimento fisiologico. A crollo compiuto si prende ad interrogare ogni risvolto che sopravanzi la mera esistenza consuetudinaria e ci si affaccia su ben altri baratri. In questi casi il corpo dirige la riflessione a suo piacimento, liberando l'io dalle confortevoli regioni di una cattività biologica salubre. Dopodiché, questo sentore d'ultraterreno scompare con lo sciogliersi del calcolo o l'estinguersi della polmonite. Anche un mediocre individuo, in virtù di questa sollecitazione operata dal decadimento organico, inizia ad avvicinarsi a territori sino ad allora inesplorati e può addirittura essere colto da inesprimibili e geniali intuizioni sino ad assomigliare in tutto e per tutto al Creatore, il malato supremo.
Amo El Greco, pittura in cui confluiscono ortodossia (rifiuto della rappresentazione mimetico-naturalistica, prospettive che infatti non tornano, mani e piedi che si dissolvono nelle atmosfere, primi piani che si riplasmano sullo sfondo) e cattolicesimo. Irripetibile.
RispondiEliminaEl Greco riesce a farmi sopportare l'affollamento del cielo e degli spazi, sorta di sostenibile claustrofobia numinosa. Uno dei pochi, in tal senso.
Eliminasottoscrivo il terzo frammento!
RispondiEliminanulla è più interessante di una geografia della pelle che assimila sul volto le espressioni ...
le proprie espressioni, naturalmente ...
RispondiEliminaL'aspetto unitario è il più terribile. La riduzione all'uno attraverso la manipolazione non finisce di inquietarmi, quasi che tutti fossimo, potenzialmente, la stessa cosa.
EliminaA presto ;-)