15/05/15

Aforismi e pensieri inceneriti XCVII




Ciò che ammalia del culto ortodosso è il cerimoniale che evoca l'intera gamma della percezione, il suo accogliere la molteplicità di ogni increspatura sensoriale per smorzarla nel golfo indivisibile del sacro. Un Dio esperibile attraverso i sensi si contrappone all'idea di un trascendente alienato in una dimensione impervia, remota. Che siano le labbra premute sull'icona, la cadenza del canto a fasciare il tempio e la sua comunità d'un alone sfolgorante, o ancora, il morbido aroma dell'incenso, ciascuna di queste attività è mobilitata a partecipare alla liturgia come porzione necessaria a reintegrare una totalità altrimenti mutila. Si direbbe che permanga una forma di ritualità la quale, in seno allo sfacelo del cristianesimo, ha saputo conservare, pur adattandole alla rivelazione del Cristo, le vestigia di una venerazione conforme ad un sentire pagano. Libera dalla fragilità del cattolicesimo, dalla sua vocazione dissolvente e separativa.

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Budda, Cristo, Maometto. Gran parte della produzione ed esegesi letteraria si regge su tre maestose figure di analfabeti. La Parola, infatti, è sempre stata appannaggio di coloro i quali, portatori di un'ignoranza visionaria, non potevano che definirsi attraverso un'intima mediazione del Verbo. Restavano quindi all'oscuro di ciò che ne rappresentava la somma contraffazione e negazione. Le molteplici, infrangibili dighe della civiltà e della cultura, le deviazioni e gli arresti che esse imposero al piano fluire del logos, generarono quelle cataratte del linguaggio, così opache e distanti dalla sorgente primigenia dove sgorgava il messaggio incontaminato. C'è da credere, in questo senso, che nessun profeta, annuncio o rivelazione si vadano delineando all'orizzonte.

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Le donne sottoposte a chirurgia estetica finiscono per esibire un volto che si fa segno riducibile ad un unicum universale. Una maschera polivalente che trattiene e riassorbe l'individualità del soggetto diluendola, sino a spegnerla in una geografia di linee e protuberanze identiche per ciascun esemplare umano. Qualcosa di minaccioso sembra essere preposto a governare in effigie i corpi delle vittime, legione marchiata da un'unità infera.

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Per alcuni, le tensioni speculative a cui è sottesa una reale tempra metafisica, non sono che il frutto di un serio cedimento fisiologico. A crollo compiuto si prende ad interrogare ogni risvolto che sopravanzi la mera esistenza consuetudinaria e ci si affaccia su ben altri baratri. In questi casi il corpo dirige la riflessione a suo piacimento, liberando l'io dalle confortevoli regioni di una cattività biologica salubre. Dopodiché, questo sentore d'ultraterreno scompare con lo sciogliersi del calcolo o l'estinguersi della polmonite. Anche un mediocre individuo, in virtù di questa sollecitazione operata dal decadimento organico, inizia ad avvicinarsi a territori sino ad allora inesplorati e può addirittura essere colto da inesprimibili e geniali intuizioni sino ad assomigliare in tutto e per tutto al Creatore, il malato supremo.


5 commenti:

  1. Amo El Greco, pittura in cui confluiscono ortodossia (rifiuto della rappresentazione mimetico-naturalistica, prospettive che infatti non tornano, mani e piedi che si dissolvono nelle atmosfere, primi piani che si riplasmano sullo sfondo) e cattolicesimo. Irripetibile.

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    1. El Greco riesce a farmi sopportare l'affollamento del cielo e degli spazi, sorta di sostenibile claustrofobia numinosa. Uno dei pochi, in tal senso.

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  2. sottoscrivo il terzo frammento!
    nulla è più interessante di una geografia della pelle che assimila sul volto le espressioni ...

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  3. le proprie espressioni, naturalmente ...

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    1. L'aspetto unitario è il più terribile. La riduzione all'uno attraverso la manipolazione non finisce di inquietarmi, quasi che tutti fossimo, potenzialmente, la stessa cosa.
      A presto ;-)

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